I premiati
Gian Luigi Beccaria (saggistica), Isabella Blum (traduzione), Carlo Feltrinelli (editoria), Giorgio Ficara (narrativa), Alice Rohrwacher (poesia) sono i premiati della 42a edizione del Premio Pavese. Puoi ascoltarli in occasione del talk che si terrà a Santo Stefano Belbo sabato 29 novembre.
Gian Luigi Beccaria
Sezione saggistica
Gian Luigi Beccaria è autore di una vastissima serie di libri dedicati alla lingua italiana e agli scrittori italiani, dai classici della nostra letteratura fino ai moderni: libri accademici, ma anche libri amatissimi e ricercati dal grande pubblico, dagli insegnanti, dai lettori più giovani. Ha saputo essere un professore celebrato nelle sedi più prestigiose, e anche amato dai lettori, compresi quelli che anni fa si erano abituati ad ascoltarlo in una fortunata trasmissione televisiva.
Raffinato intellettuale, sensibile ai metodi più innovativi, innamorato della lingua italiana e del suo uso poetico e letterario, esperto di cultura spagnola, ha saputo trasmettere passione a generazioni di studenti, a tutti coloro che si sono avvicinati ai suoi saggi, elegantissimi, misurati, scritti in uno stile personalissimo e affascinante. I suoi interventi su Dante, Pascoli, Alfieri, D’Annunzio, Pavese, Fenoglio, Primo Levi sono pietre miliari a cui tutti devono ricorrere. Ha saputo avvicinarsi alla cultura popolare, al canto in dialetto piemontese, alla tradizione epico-lirica della nostra regione, alla storia culturale del Piemonte del Settecento. Ha coltivato e descritto le gioie infinite del mestiere di scrivere, e anche la fatica della ricerca della lingua, il piacere lento di conquistarla, in un’epoca corrosa dal mito della celerità.
Il premio Pavese per la saggistica va quest’anno a un critico letterario e linguista che, fra le molte altre cose, ha detto parole importanti proprio a proposito di Cesare Pavese: ci ha aiutati a capirlo meglio, partendo dallo stile, di cui Beccaria è interprete impareggiabile.
Gian Luigi Beccaria, professore emerito dell’Università di Torino, si è laureato in glottologia con Benvenuto Terracini nel 1957, ha insegnato dal 1960 al 1963 all’Università di Salamanca, è stato per cinquant’anni, dal 1970 in poi, professore ordinario di “Storia della lingua italiana” all’Università di Torino. Ha pubblicato numerosi volumi dedicati alla lingua italiana antica e moderna e alla lingua letteraria: momenti e aspetti del Settecento italiano, rapporti linguistici Italia-Spagna nel Cinque e Seicento, prosa e poesia del Novecento, letteratura e dialetto, linguaggi settoriali dell’italiano contemporaneo, linguistica generale, tradizioni popolari. Oltre che socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, è socio nazionale dell’Accademia della Crusca e dell’Accademia delle Scienze di Torino.
Isabella Blum
Sezione traduzione
Uno degli inossidabili luoghi comuni della cultura italiana è che letteratura e scienza appartengono a due universi paralleli, abitati da studiosi, scrittori e lettori che coltivano e apprezzano orticelli diversi. L’ignoranza dell’orto altrui è tollerata e perfino apprezzata. Questa dicotomia tocca anche i traduttori editoriali, che vengono suddivisi rigidamente fra traduttori letterari e traduttori di saggistica. Ai primi si richiede cultura e talento narrativo; ai secondi competenza e padronanza dei glossari tecnico-scientifici.
Nella realtà, ogni traduzione saggistica comporta anche orizzonti culturali più vasti di quelli settoriali, e una padronanza creativa della propria lingua, e ogni traduzione letteraria impone uno sforzo di ricerca e di approfondimento, talvolta anche enorme, nei più disparati campi dell’esperienza e del sapere umano, dal giardinaggio alla falegnameria.
Una dimostrazione concreta di come sia possibile superare il divario tra le due culture è la saggistica letteraria, la divulgazione di alto livello, in cui il mondo anglosassone in particolare ha una lunga e gloriosa tradizione. Isabella Blum, che si è dedicata alla traduzione dopo una laurea in biologia, da molti decenni è una delle più grandi, se non la più grande, traduttrice italiana di saggistica letteraria nel campo delle scienze della vita.
Isabella Blum ha tradotto Charles Darwin, il padre dell’evoluzionismo; Rachel Carson, la biologa marina pioniera dell’ambientalismo; Oliver Sacks, il grande psichiatra statunitense; il biologo e paleontologo Stephen Jay Gould; Howard Gardner, il teorico delle intelligenze multiple; il neuroscienziato Antonio Damasio; lo psicologo dell’“intelligenza emotiva” Daniel Goleman; lo scienziato naturale Edward Wilson. E poi Nikolaas Tinbergen, Francis Crick, James Lovelock, e decine di altri. Le sue ultime traduzioni, uscite nel 2025, sono Alfie e io, di Carl Safina e Un problema musicale – Lettere 1960-1979 di Oliver Sacks, entrambi per Adelphi.
Scienziati i suoi autori, scientifico il suo metodo di lavoro. Non nel senso di una presunta “oggettività” da rispecchiare, concetto tanto ingenuo e inapplicabile ai testi quanto alla realtà fisica, ma nel senso di una cura assoluta del dettaglio nella preparazione, nell’indagine, nella formulazione di ipotesi e nella loro verifica. Senza tralasciare la componente artistica, insita nella pratica e nella narrazione della scienza, che fa dei libri tradotti da Isabella Blum delle opere letterarie a tutti gli effetti.
Una doppia fatica, si potrebbe dire, quella di Isabella Blum, e un doppio merito.
Spesso i traduttori, per descrivere il loro lavoro, ricorrono ad analogie con attività che richiedono mestiere e creatività insieme, qualcosa di simile all’esecuzione di uno spartito, come la musica, o all’interpretazione di un ruolo, come la recitazione. O di simile alla vita, come direbbe Pavese. Isabella Blum ama paragonare il suo lavoro a quello di una restauratrice, che fa rivivere il “testo” dell’opera d’arte, lo “restituisce”, coniugando arte e scienza.
Alla “restauratrice” Isabella Blum siamo onorati di assegnare il premio Pavese per la traduzione 2025.
Dopo il liceo classico, gli studi musicali e la laurea in biologia, all’inizio degli anni Ottanta Isabella Blum esordisce nel campo della traduzione editoriale, dapprima occupandosi solo di saggistica scientifica e poi abbracciando gradualmente un panorama più ampio comprendente fra l’altro divulgazione, narrativa e creative non fiction. Dalla seconda metà degli anni Novanta si dedica anche – sia nel contesto di iniziative private, sia collaborando con diversi atenei – alla formazione dei traduttori prestando una particolare attenzione alla scrittura, alla metodologia della traduzione e alla lavorazione di testi scientifici in ambito editoriale ed extraeditoriale. Tra gli autori che ha tradotto: Charles Darwin (taccuini e lettere); i premi Nobel Nikolaas Tinbergen, Francis Crick e James Watson; e scienziati quali Stephen J. Gould, James Lovelock, Edward O. Wilson e Oliver Sacks. Recentemente ha lavorato per Aboca su diverse opere di Rachel Carson. Nel 2025 sono usciti Alfie e io, di Carl Safina e Un problema musicale – Lettere 1960-1979 di Oliver Sacks, entrambi per Adelphi. Nel gennaio 2026, per gli Oscar Cult Mondadori, saranno proposti nella sua traduzione Il mondo nuovo e Ritorno al mondo nuovo di Aldous Huxley.
Carlo Feltrinelli
Sezione editoria
La Feltrinelli è l’unica casa editrice di peso, sia nazionale in termini di concrete dimensioni sia e soprattutto culturale, ad aver mantenuto la medesima proprietà dalla fondazione nel 1955 – dunque settant’anni fa – fino a oggi. Una prova di vitalità e di forza interiore che si deve a tre persone: oltre al fondatore Giangiacomo, a sua moglie Inge e al loro figlio Carlo che oggi premiamo.
Una vitalità e una vivacità tanto più notevoli se si tiene conto del fatto che la traiettoria di sviluppo della Feltrinelli non è stata una placida crescita, ma che al contrario è stata segnata da passaggi anche non semplici e a volte dolorosi, primo fra tutti la tragica morte del fondatore Giangiacomo. Alla quale però la moglie Inge reagì non confinando come sarebbe stato ben possibile la casa editrice a una impostazione settaria, ma anzi insistendo e valorizzando il tratto distintivo della Feltrinelli fin dal suo esordio: il fiuto editoriale, la massima virtù di un editore, quello che portò alla neonata casa editrice prima Il Dottor Zivago di Boris Pasternak nel 1957 e poi, a ruota si potrebbe dire, Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel 1958.
Questo carattere aperto, curioso e persino libertario si è confermato e rafforzato quando alla guida è subentrato Carlo. Lo sfondo, o meglio la cornice generale, che è quella di una cultura progressista o, per dirlo chiaramente, di sinistra, è rimasta immutata, un punto di riferimento ineludibile, ma è cambiato il tono che si è fatto più duttile, meno categorico. Sono arrivati così grandi autori, da Maylis de Kerangal a Colum McCann, portatori di grandi libri, da Riparare i viventi a Apeirogon.
In parallelo è sempre proseguito l’impegno ad allargare quella che era stata una delle maggiori intuizioni di Giangiacomo, vale a dire la possibilità di creare una rete di librerie nuove nella concezione, nuove nell’arredamento, nuove nell’aria che vi si respirava e che tuttora vi si respira. Così le Librerie Feltrinelli sono diventate nel tempo la maggior rete di distribuzione e di presenza dei libri in Italia.
Infine, si deve esclusivamente a Carlo l’idea di allargare il bacino di raccolta della più incisiva collana della casa editrice, la UE, l’Universale Economica, oltre i confini necessariamente limitati della Feltrinelli Editore. Ha acquistato dunque case editrici che rimangono autonome e fedeli alla propria identità, anche la più disparata, ma nello stesso tempo possono avvalersi sia della forza dell’UE sia della presenza rafforzata nella formidabile rete delle Librerie Feltrinelli. Si sono così aggiunte nel tempo la barcellonese Anagrama, casa di avanguardia letteraria, la veneziana Marsilio, casa di agilità sia letteraria che saggistica, con una significativa presenza nell’editoria d’arte, la Gribaudo, libri per ragazzi ed editoria pratica, Apogeo, manualistica tecnico informatica e innovazione, SEM (Società Editrice Milanese), narrativa di genere e pop culture. Fino alla minuscola Crocetti, ancora guidata dal suo fondatore Nicola Crocetti e ancora dedita esclusivamente alla poesia.
Carlo Feltrinelli è dal 2015 è Presidente del Gruppo Feltrinelli che opera su tutta la filiera del libro e che conta, attualmente, 126 librerie in tutta Italia. Nel 2001 è stato nominato Presidente della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, uno dei maggiori centri di ricerca e di documentazione nell’ambito delle discipline storiche e delle scienze politiche, economiche e sociali. È autore di Senior Service, a oggi tradotto e pubblicato negli Stati Uniti, in Inghilterra, Germania, Francia, Spagna, Grecia, Brasile, Portogallo, Russia e Giappone, oltre che in Italia.
Giorgio Ficara
Sezione narrativa
Con Il padre sulle spalle. Debolezza del patriarcato in letteratura, Giorgio Ficara declina la riflessione sulla “legge del padre” come un vero e proprio romanzo della letteratura occidentale. Questa letteratura è attraversata da «padri spaventosi», come il principe padre nei Promessi sposi di Manzoni, «una figura di despota fraudolento, colpevole di annullare nella figlia ogni principio e spunto di vita», o come il padre di Ghismonda, nel Decameron, la cui violenza è pure sconfitta dall’eloquenza e dalla forza d’animo della figlia. E tuttavia questa stessa letteratura è attraversata anche da «una ricorrenza contraria»: quella di figure paterne malinconiche e indecise, deboli, discontinue. A partire da Priamo in lacrime di fronte ad Achille, o da Ettore che, supplicato da Andromaca a voler essere padre vivo piuttosto che eroe morto, per un istante esita nel suo obbligo di gloria. Anchise, Brunetto Latini, Mr. Woodhouse sono altrettante figure propriamente da romanzo che si passano il testimone in questo libro che ha nel capitolo dedicato a Monaldo Leopardi uno dei suoi centri affettivi e intellettuali: «passato alla storia come retrogrado e piccolo, era invece un uomo sentimentale, benigno, attento ai figli – innanzitutto a Giacomo – come una vecchia balia». Un genitore dotato d’«una speciale intelligenza del cuore» che, tra alti e bassi, distanze più o meno definitive e proteste di affetto, mantiene nelle sue lettere al figlio un registro emotivo continuo.
Si tratta di un libro eccentrico, anomalo nel panorama della letteratura attuale, che pure tanto si è interrogata e si interroga sulla cultura patriarcale: Giorgio Ficara contrasta, con il suo passo narrativo e critico insieme, il vecchio e formidabile discorso simbolico sul padre; e lo fa discutendone il mito originario ma anche portando in piena luce alcune pagine poco note della biografia dei poeti, in una vivace galleria che arriva alle soglie del nostro tempo. Giovanni Giudici che assiste bambino all’aggressione di un creditore nei confronti del padre, o Camillo Sbarbaro che, in imprevista sintonia con Umberto Saba, raffigura il proprio padre come fanciullo o monello gentile, sono testimonianza di un mito fragile, di padri oltraggiati, bisognosi per sussistere delle cure dei figli. In effetti Il padre sulle spalle è anche un libro sull’amor filiale, sul legame indissolubile che lega padri e figli, un legame fondato sull’affetto e sulle parole, sulle parole che dicono l’affetto (e anche per questo si conclude con le parole di Simone Weil, con la sua vertiginosa indagine sul Padre nostro).
Come Anguilla, che nelle indimenticabili pagine di La luna e i falò percorre le colline della sua infanzia alla ricerca delle sue radici, di «un paese» in cui riconoscersi, così Ficara ci accompagna attraverso le pagine più belle della nostra tradizione letteraria, sulle orme – e sulle spalle – dei nostri padri. A lui il premio Pavese 2025 per la narrativa.
Giorgio Luigi Maria Ficara, scrittore e saggista, è professore emerito di Letteratura Italiana all’Università di Torino e accademico delle Scienze. Ha insegnato negli Stati Uniti a Stanford, UCLA e Columbia University, e ha tenuto corsi e seminari alla Sorbona, Penn University, Johns Hopkins University, British Columbia Vancouver e molte altre università. Tra i suoi libri: Solitudini, 1993 e 2025; Stile Novecento, 2007 e 2024; Classici in cammino, 2023. Ha vinto nel 2011 il Premio per la Saggistica dell’Accademia Nazionale dei Lincei.
Ph. Brigitte Lacombe
Alice Rorhwacher
Sezione poesia
«Riattraversammo la campagna, i boschetti di querce, le siepi sfondate. Rividi i carpini, la selva della costa. Nel mattino tutto era lucido e stillante. La grossa collina di cespugli ci viveva intorno inselvatichita, solitaria in un ronzìo d’api, come un monte d’altri tempi. Cercai con gli occhi le radure abbandonate. Pieretto disse ch’era indegno che un’intera collina appartenesse a un uomo solo, come nei tempi che una sola famiglia aveva il nome di un paese. Uccelli volavano. – Fanno parte della terra anche loro? – borbottai» (Cesare Pavese, Il diavolo sulle colline, XVI, in La bella estate, 1950).
Basta questo passo a motivare il conferimento del Premio Pavese Poesia, 2025, ad Alice Rohrwacher che da Le meraviglie (2014), a Lazzaro felice (2018), ha ripreso, con limpida poesia, pavesiana nostalgia e inquietudine, l’interrogativo cosmico “delle opere e dei giorni” che dettano il ritmo dell’uomo nel creato.
Laureata a Torino in Lettere e Filosofia, della lezione di Cesare Pavese la regista ha messo mirabilmente a frutto quel principio che governa tutti i Dialoghi con Leucò: «Sappiamo che il più sicuro – e più rapido – modo di stupirci è di fissare imperterriti sempre lo stesso oggetto. Un bel momento quest’oggetto ci sembrerà – miracoloso – di non averlo visto mai». Questa intemporalità dell’essenziale troviamo egualmente nei film di Alice Rohrwacher: «I miei comunque non sono mai dialoghi che portano avanti la narrazione. Quasi mai. Spesso sono più il rumore di un luogo, di una famiglia, di una situazione» (Intervista a cura di Ezio Abbate, WGI, 26 maggio 2014). Che si tratti delle api, appunto, di Le meraviglie o della testa della statua etrusca della Chimera (2023), sempre lo sguardo poetico di Alice Rohrwacher si posa sui luoghi e sulle persone come Pavese suggerisce appunto nella sua Chimera: «Ma non sai […] lo sguardo smarrito, come di chi non è più nulla e sa ogni cosa».
Una poetica, diremmo, del minimo universale e insieme del dialogo con sé stessi; entrambi i principi sono impercettibilmente fondanti tanto nella scrittura di Pavese, che nei testi filmici di Alice Rohrwacher. Sappiamo quanto Pavese amasse il cinema; sappiamo anche quanto da quella specola si possa leggere la matrice della ricerca poetica della regista, che qui sembra anticipata: «Stupefatto del mondo mi giunse un’età / che tiravo gran pugni nell’aria e piangevo da solo. / Ascoltare i discorsi di uomini e donne / non sapendo rispondere, è poca allegria. / Ma anche questa è passata: non sono piú solo / e, se non so rispondere, so farne a meno. / Ho trovato compagni trovando me stesso» (Cesare Pavese, Antenati).
Grazie dunque ad Alice Rohwacher – mirabile puer senex – che si è fatta per noi “antenata” in cerca di quella verità che solo scavando, con pudore, nei silenzi del mondo e della memoria si trova.
Alice Rohrwacher è nata a Fiesole, ha studiato a Torino e Lisbona. Ha scritto e lavorato come musicista per il teatro, prima di avvicinarsi al cinema, inizialmente come montatrice di documentari.
Nel 2011 gira il suo primo lungometraggio, Corpo Celeste, presentato a Cannes alla Quinzaine des Réalisateurs e poi selezionato ai festival di Sundance, New York, Londra, Rio e Tokyo. Il suo secondo film, Le Meraviglie, vince il Grand Prix al Festival di Cannes nel 2014, mentre il suo terzo film Lazzaro Felice (2018), si aggiudica, sempre a Cannes, il premio per la migliore sceneggiatura, ottenendo importanti consensi internazionali. Nel 2015 dirige The Djess, cortometraggio della serie Miu Miu Women’s Tale. Nel 2016 mette in scena La Traviata di Giuseppe Verdi al Teatro Valli di Reggio Emilia. Nel 2020 firma per Rai ed HBO la regia del terzo e quarto episodio dell’acclamata serie L’amica geniale tratta dai romanzi di Elena Ferrante. Nel 2021 presenta a Cannes (Quinzaine) il documentario Futura che ha codiretto insieme a Pietro Marcello e Francesco Munzi. Nel 2023 viene candidata agli Oscar nella categoria Best Live Action Shorts per Le Pupille coprodotto da Alfonso Cuarón per Disney+ e presenta in concorso a Cannes il suo ultimo lungometraggio La Chimera con Josh O’Connor e Isabella Rossellini.
Nel 2025 viene insignita Officier d’Arts et des Lettres della Repubblica Francese.