Ernesto Treccani | La luna e i falò

Ho visto i tuoi quadri così teneri d’ansie; io non so dipingere le cose se non con avare parole.

Nel 1962, l’artista milanese Ernesto Treccani realizza 5 tele di grande formato (200×300 cm) ispirate al romanzo La luna e i falò. Originariamente pensate per la Casa del Popolo di Canelli, vennero poi collocate al Centro Studi Cesare Pavese di Santo Stefano Belbo fino all’alluvione del 1994. Oggi sono esposte in forma permanente alla Fondazione Cesare Pavese, su quello che un tempo era l’altare della chiesa dei SS. Giacomo e Cristoforo.

Le tele sono accompagnate da una serie di 21 disegni preparatori, raccolti in occasione del 40° anniversario dalla scomparsa di Cesare Pavese in una mostra dal titolo “Treccani per Pavese”, inaugurata a Santo Stefano Belbo il 27 aprile 1990 alla presenza dell’artista, cui nello stesso giorno fu conferita la cittadinanza onoraria. I disegni sono ora conservati nell’archivio della Fondazione Cesare Pavese: uno di essi porta ancora le tracce dell’alluvione a ricordare il tragico evento che colpì il paese.

Il ciclo della Luna e i falò

Delle cinque tele – nell’ordine “Il Valino”, “La vendemmia”, “L’estate”, “Il trenino di Canelli”, “La luna e i falò” – lo storico e critico dell’arte Floriano De Santi scrive nel catalogo della mostra: “…c’è una strana ebbrezza di vita e di distruzione che si traduce in lievi tremori, nella delicatezza che è propria tanto dello scrittore quanto dell’artista ormai giunto alla più completa maturità”.

Nel ciclo della Luna e i falò sono riconoscibili alcuni dei personaggi del libro – il Valino, Cinto, Irene, Santa, Nuto – oltre a soggetti e temi chiave del romanzo: le colline, la vigna, la ferrata, … È lo stesso Treccani a elencarli, in Arte per Amore (Feltrinelli, 1978):

Il Valino (“aveva quei calzoni e quel cappello inzaccherati, quasi celesti, che si mettono per dare il verderame”) sale la collina: la terra ha il colore dell’autunno, un gelso sulla sinistra, dietro una casa, il muro compatto, senza finestre, il cielo basso sulla collina. La seconda tela è tempo di vendemmia: una ragazza accovacciata tra le viti, un’altra rosa sottile, in piedi, e un volto che appare nel folto delle foglie. La terza tela è l’estate con il nudo sdraiato di cui dicevo prima. La quarta tela è un trenino che sbuffa, il fumo come un personaggio (“… E certi giorni traversavamo Belbo coi ragazzi del Piola e andavamo sulla ferrata a veder passare il treno…”). La quinta tela, la luna e i falò. In basso del quadro scorre un fiume luminoso, Cinto è sulla riva (“… era seduto un ragazzo, in camicino e calzoni strappati, una sola bretella e teneva una gamba divaricata, scostata in modo innaturale”). Dietro, la collina verde con larghe ombre; dentro quel verde, la fisarmonica, il clarino, una coppia che danza. Un falò a mezza collina, il cielo scuro con la falce di luna.

La chiesa dei SS. Giacomo e Cristoforo è visitabile durante gli orari di apertura della Fondazione oppure durante una delle nostre visite guidate