Premio Pavese Scuole 2022

Premio Pavese Scuole 2022: il testo vincitore

Con Oltre la notte, racconto a quattro mani ispirato ai romanzi La bella estateIl diavolo sulle colline, Beatrice Torello e Ludovica Luparia hanno vinto il Premio Pavese Scuole 2022.

Pubblichiamo Oltre la notte, il testo vincitore della terza edizione del Premio Pavese Scuole, inaugurato nel 2020 in occasione del Premio Pavese per avvicinare i giovani allo scrittore e promuovere la lettura delle sue opere in chiave personale. Le autrici sono Beatrice Torello e Ludovica Luparia, studentesse della classe 3AL del Liceo Scientifico Galileo Galilei di Nizza Monferrato (AT), cui vanno i nostri complimenti.

Il ritmo della musica giungeva ovattato alle orecchie di Ginia, che temporeggiava all’ingresso della discoteca. Gruppi di ragazzi intorno a lei ridevano fragorosamente e emanavano intorno a loro un’aura di entusiasmo inesauribile, impregnata di quella esuberanza che solo i giovani di notte hanno. Soprattutto in quelle notti d’estate in cui sentono di possedere il mondo, di avere il potere di smuovere montagne e accendere nuove stelle nel cielo. Le notti in cui l’aria si fa densa di emozioni e che si vorrebbe non finissero mai.

Era una notte di quelle e Ginia ancora titubava, rendendosi conto che entrare in quel locale non era per lei scontato come per gli altri: voleva dire superare una prova, attraversare una linea di confine che, una volta oltrepassata, non le avrebbe più permesso di tornare indietro.

Amelia già la aspettava nella sala, visto che il suo orario lavorativo sarebbe cominciato nel giro di pochi minuti, ed era in compagnia di Rodriguez, figlio del proprietario della discoteca, e del suo amico Guido.

Amelia aveva cominciato a lavorare lì in qualità di ragazza immagine subito dopo essere diventata maggiorenne e aver lasciato la casa famiglia in cui aveva convissuto con Ginia e suo fratello. Anche quest’ultimo aveva già raggiunto la maggiore età e aveva quindi assunto la custodia di Ginia, portandola a vivere con lui in un appartamento in affitto nella periferia di Torino, che pagava grazie ai guadagni da operaio e all’eredità lasciata dai genitori, morti entrambi quando loro erano ancora bambini.

Amelia era una ragazza disinvolta e molto estroversa e queste doti avevano attirato l’attenzione di Ginia sin dal momento in cui l’aveva incontrata, portandola a stringere un saldo rapporto di amicizia. Amelia però nascondeva dietro al suo comportamento allegro e sbarazzino lati oscuri di sé, che preferiva tenere nascosti a Ginia, poiché vedeva nell’ingenuità e nel candore della minore un ostacolo insormontabile per un qualsiasi dialogo completamente sincero e senza filtri. Infatti Amelia, oltre agli incassi delle serate, era solita arrotondare i guadagni con attività di cui non poteva certamente dire di andare fiera. Era iniziato tutto per caso, con un incontro fortuito con un avventore del locale, e si era poi trasformato in vero e proprio secondo lavoro, diventato ormai parte integrante e fondamentale delle precarie finanze di Amelia.

Ginia ignorava l’attività dell’amica quando si decise ad entrare, raggiungendo la sala da ballo e venendo inondata dalla musica ad altissimo volume e dalle luci stroboscopiche della pista. Si bloccò poco dopo l’ingresso, sentendosi a disagio nel vestito corto consigliatole da Amelia e chiedendosi se non fosse troppo tardi per tornare indietro. Stava quasi per girare i tacchi rivolta verso l’uscita, quando sentì Amelia chiamarla:

“Eccoti Ginia! Siamo qui!”

Ginia individuò l’amica con lo sguardo e si diresse a grandi passi verso di lei.

“Questi sono Rodriguez e Guido, gli amici di cui ti avevo parlato.”

“Piacere, sono Ginia” si presentò timidamente, stringendo le mani dei due ragazzi e rimanendo particolarmente colpita dai capelli biondi di Guido, tanto simili ai suoi.

“Ragazzi vi devo lasciare: la serata sta per iniziare” esclamò Amelia, aggiustandosi sull’acconciatura un cappellino lustrinato e salendo sul palco, vicino alla console del dj. Poco dopo cominciò ad esibirsi insieme a due colleghe. Ginia, Guido e Rodriguez guardarono per un po’ Amelia, poi si diressero nella zona bar, dove Guido offrì un drink a Ginia.

“Un vodka tonic per la signorina” gridò per farsi sentire dal barman.

“Sono minorenne: non potrei prendere alcolici” provò a protestare Ginia, che era più preoccupata dal fatto di non aver mai bevuto niente di alcolico in vita sua, che del fatto di trasgredire il regolamento sull’età.

“Non ti preoccupare: io sono maggiorenne e da maggiorenne l’ho comprato. Poi chi lo beve non sono problemi del barman” sentenziò Guido, indicando altri ragazzi, evidentemente più piccoli di Ginia, con un bicchiere in mano.

Ginia allora, un po’ per non fare brutta figura davanti a Guido ed un po’ per provare a sé stessa di esserne in grado, buttò giù tutto d’un sorso più di metà drink. Il primo impatto fu una sensazione di bruciore in gola, dovuta al gusto pungente di alcol, ma nel complesso il vodka tonic le piacque.

Guido la guardò sorridendo e lei ricambiò sentendo le proprie guance avvampare. Dopo un altro drink e qualche battuta di Guido, Ginia si sentiva molto più rilassata e non poteva evitare di pensare che fosse così che Amelia si sentiva ogni volta che usciva con i suoi amici: disinvolta, coraggiosa e spigliata.

Mentre Rodriguez si era appartato per guardare e fotografare l’esibizione di Amelia da sotto il palco, pubblicando sulle pagine social del locale alcune sue foto, Guido chiese a Ginia di andare a ballare.

Ginia raggiunse insieme a lui il centro della sala e cominciarono a muoversi a ritmo di musica. A Ginia sembrava che il tempo le scivolasse dalle dita, senza permetterle di trattenere la percezione di un momento per più di un piccolo istante.

Dopo più di due ore, Ginia si scusò e andò ai servizi per rinfrescarsi, sopraffatta dall’entusiasmo e accaldata per un bacio, il primo per lei, che aveva condiviso con Guido.

Rodriguez si avvicinò a Guido e ammiccando a Ginia che si allontanava esclamò: “Ti stai trovando bene con l’amica di Amelia a quanto vedo.”

“È la sua prima volta in discoteca: non mi sono dovuto sforzare molto per fare colpo” ribatté con una scrollata di spalle Guido.

“Secondo me tu non puoi piacere ad una come lei. Siete troppo diversi: lei è troppo dolce e sensibile per uno superficiale e volubile come te.”

“Vogliamo scommettere?” controbattè Guido, lanciando a Rodriguez un’occhiata maliziosa e incamminandosi nella stessa direzione in cui Ginia era andata poco tempo prima. Rodriguez dietro di lui mormorò scuotendo la testa: “Povera ragazza”.

Ginia si diresse di corsa verso l’uscita della discoteca. Venne invasa da un mare di emozioni: a dominarla era l’idea insopportabile di essere stata meschinamente usata, che si mescolava con l’ebbrezza causata dal consumo di alcool. Ginia non fu in grado di reprimere tutte queste emozioni nuove per lei e scoppiò in un pianto disperato nel parcheggio. Si estraniò dal mondo circostante: le canzoni e le urla dei ragazzi felici e spensierati divennero solo suoni secondari, di accompagnamento. Dopo aver sfogato tutti i suoi sentimenti, si mise seduta ad osservare il paesaggio che la circondava. Le colline torinesi, con le loro curve dolci, abbracciavano, proteggevano la discoteca. Le colline erano state parte fondamentale nell’infanzia di Ginia; ella aveva passato la maggior parte della sua infanzia in una casa famiglia, collocata su uno dei colli torinesi. In compagnia del fratello maggiore e dell’amica Amelia, Ginia era solita giocare, correre e scoprire le campagne e ciò che viveva in armonia con esse.

Della sua infanzia gli unici ricordi che le rimanevano erano legati all’estate, stagione della giovinezza e della spensieratezza.

Una brezza fresca sfiorò il viso inumidito dalle lacrime versate. Quell’atmosfera estiva sembrava come qualcosa di magico: il tempo sembrò fermarsi e tutto rimase immobile.

La vista delle colline e l’aria fresca estiva le concessero un momento di conforto e di calma. Furono due ragazzi ad interrompere tutti i pensieri di Ginia.

“Scusami, stai bene?” disse una voce maschile. Ginia alzò lo sguardo e si ritrovò davanti due ragazzi, che tenevano una sigaretta fumante tra le dita. Si alzò immediatamente imbarazzata e come risposta si asciugò una lacrima sulla guancia con il palmo della mano; non aveva il coraggio di parlare.

“Non sei obbligata a parlare, ma se vuoi puoi sfogarti… Ah comunque sono Pieretto, piacere!” disse sempre lo stesso ragazzo dopo una breve pausa, rivolgendole un sorriso amichevole e porgendole la mano.

Ginia ricambiò il sorriso, anche se un po’ forzato e la stretta di mano.

“Io sono Ginia” disse titubante la ragazza.

Dopo un breve istante, senza capire neanche il motivo, magari a causa dei drink, iniziò a raccontare di come Guido l’avesse ingannata, facendole credere di essere interessato a lei, mentre in fondo si trattava solamente di una scommessa. Raccontò pure di come aveva posto la sua fiducia in Amelia, considerandola come un esempio da seguire e imitare. Ginia disse di essersi anche consigliata con Amelia, mentre era in pausa, ma quest’ultima, forse un po’ invidiosa dell’ingenuità e della purezza di Ginia, non aveva prestato attenzione all’amica, lasciandola sola a fronteggiare le sue emozioni.

Ripensando all’accaduto le vennero le lacrime agli occhi, ma cercò di essere forte e le trattenne. Pieretto, vedendo quella ragazzina così annichilita, cercò di dare una mano, consolandola e assicurandole che tutto si sarebbe presto risolto e che lei presto si sarebbe dimenticata di quello sgradevole accaduto.

Improvvisamente, l’amico di Pieretto, che non aveva partecipato fino ad allora, scoppiò in una risata nervosa.

“Eh allora cosa dovrei dire io…” disse ironicamente il ragazzo dall’aria misteriosa.

Il ragazzo, che si presentò con il nome di Poli, proveniva da una famiglia ricca di Torino: i genitori erano proprietari di un’azienda vitivinicola. Poli era cresciuto senza la figura dei genitori; essi troppo impegnati con il lavoro o forse troppo immaturi per dedicarsi al proprio figlio, lo avevano affidato alle cure di varie baby-sitter, cambiate mensilmente, così che lui non si affezionasse troppo a una figura. Nonostante la loro mancanza, i genitori pretendevano molto dal loro figlio e speravano che sarebbe stato degno del cognome che portava. Dopo il liceo, i genitori lo iscrissero alla facoltà di medicina, contro la sua volontà. La loro noncuranza portò Poli a sperimentare sensazioni di abbandono, isolamento e depressione e a sviluppare una condotta ribelle. Divenne intollerante verso ogni tipo di regola e diventò mentalmente ed emotivamente instabile. Nel pieno della sua adolescenza iniziò a fare uso di alcool e droghe e frequentare locali poco raccomandabili e di certo non adatti a ragazzi di buona famiglia. Poli si comportava così non tanto per sentirsi libero, ma per ripicca verso i genitori.

Ad un tratto, mentre Ginia era intenta a seguire il racconto di Poli, sentì la voce inconfondibile di Amelia inveire contro Rodriguez, che camminava a grandi falcate davanti a lei, la quale gli teneva dietro a fatica sui tacchi a spillo, mentre i due uscivano con piglio concitato dal locale.

“E cosa pensi di fare? Lasciarmi da sola?” stava urlando tra un singhiozzo e l’altro Amelia.

“Io non ti devo niente Amelia! È colpa tua se sei in questa situazione.”

“Ma se ho lavorato per tuo padre in questo maledetto locale senza mai causarvi nessun tipo di problema! Mi aspetterei un minimo di gratitudine per tutti i clienti fissi che vi ho procurato.”

“Amelia, non credo che tu abbia capito: noi ti paghiamo per fare la ragazza immagine. Quello che decidi di fare per arrotondare non ricade nella nostra responsabilità. Anzi, viste come stanno le cose ti chiederemmo di non lavorare più per noi.”

Amelia fissò Rodriguez strabuzzando gli occhi e con la bocca socchiusa, come se le parole le si fossero bloccate in gola impedendole di emettere alcun suono.

“Tu non… non puoi fare sul serio. – balbettò infine Amelia – Come potrò pagarmi le cure se non ricevo uno stipendio ogni mese? Non che la miseria che mi date possa essere definita stipendio d’altro canto.”

Pieretto, vedendo che l’attenzione di Ginia era stata attirata immediatamente dal diverbio tra i due, dedusse che doveva trattarsi proprio della sua amica e del suo accompagnatore.

“Amelia cosa succede?” chiese Ginia aggrottando le sopracciglia e avvicinandosi all’amica, mentre Pieretto e Poli rimasero dov’erano guardando lo sviluppo della situazione.

“Succede che ho l’HIV, Ginia! E il signorino Rodriguez è troppo preoccupato per la reputazione del locale di papà per avere un minimo di umanità nei miei confronti” sbottò tutto d’un fiato Amelia, urlando paonazza in faccia a Ginia.

Lei rimase immobile, guardando sconvolta alternativamente Amelia e Rodriguez. L’unico rumore che si sentiva era il cicaleccio tipico delle notti estive, oltre alla musica attutita proveniente dalla discoteca.

“Non è possibile. Come potresti esserti ammalata? Amelia non dire assurdità” balbettò Ginia incredula.

“Ginia, te lo chiedo per favore: apri gli occhi! Davvero non hai capito che non sono solo una ragazza immagine ma faccio anche altro per mantenermi!”

Ginia ammutolì.

“Intendi dire che tu…”

“Certo. – la interruppe Amelia – Ma non è da un cliente che ho preso l’AIDS. È stata una ragazza che mi piaceva. Siamo state insieme qualche mese. Ha scoperto di essere malata due settimane fa e allora mi ha detto di fare gli esami. Sono risultata sieropositiva. Se ci pensi è abbastanza buffo: mi sono ammalata proprio per l’unica relazione che era nata da un sentimento reale”.

“Stavi con una ragazza?” chiese Ginia, scombussolata da questa scoperta imprevista e improvvisa.

“Sì. E posso dire con certezza che è stata una relazione importante. La amavo. A modo mio… non quanto amo…” e si interruppe bruscamente, abbassando lo sguardo e ricominciando a piangere sommessamente.

Ci fu un attimo di silenzio, in cui nessuno osava conferire parola, fino a quando Poli se ne uscì con un disinvolto:

“Chi?”

“Come scusa?” chiese Amelia guardandolo dritto negli occhi.

“Non quanto ami chi?”

Amelia sussultò, guardando prima Rodriguez, poi Pieretto ed infine Ginia.

“Non quanto amo te, Ginia.”

Ginia, già molto scombussolata dalle emozioni contrastanti e altalenanti della serata e dalla preoccupazione per la salute di Amelia, rimase completamente fulminata.

Poli non riuscì a trattenere una risata e, tenendo tra le dita uno spinello e tirando fuori il cellulare dalla tasca dei jeans, commentò sarcasticamente:

“Siamo tutti veramente incasinati.”

Ginia lo ignorò e tenne lo sguardo fisso su Amelia, che al contrario non sembrava avere il coraggio di distogliere lo sguardo dal cemento del parcheggio.

“Davvero sei innamorata di me?” chiese Ginia, ancora incredula.

“Sì che sono innamorata Ginia. Tu sei tutto quello che io vorrei e non potrò mai più essere: ingenua, candida, genuina e con quel pizzico di immaturità che ti rende così fragile e quindi così cauta quando ti affacci al mondo che ti circonda. Io invece non posso più cambiare quello che sono e tornare a quando ero come te…perché un tempo sono stata anch’io pura come sei tu ora Ginia! Per questo quando prima sei venuta da me per quello che era successo con Guido non sono stata in grado di consolarti: perché vederti in quello stato mi ha scosso. Mi hai ricordato l’Amelia di qualche anno fa e mi hai sbattuto in faccia la realtà, ovvero che io non sono più quella persona.”

“Amelia io non so cosa dire. Non avevo idea che tu provassi questi sentimenti nei miei confronti.”

“Non ha più importanza ormai” sospirò Amelia.

“Parlerò con mio padre riguardo alla tua situazione: sarà lui a decidere. Ti prometto che metterò una buona parola su di te” proruppe all’improvviso Rodriguez, in parte commosso dalla situazione di Amelia.

Senza aggiungere una parola, tornò indietro verso l’ingresso della discoteca.

“Grazie” disse Amelia in poco più di un sussurro.

I ragazzi passarono altro tempo insieme, tentando di comprendere l’uno i dolori e i problemi dell’altro, ascoltando i discorsi ed interpretando i silenzi.

Guido stava bevendo l’ennesimo drink da solo, seduto al bancone adiacente alla pista, quando il gruppo che si era creato nel parcheggio si sciolse, alle luci di una nuova alba che insanguinava il cielo sopra le colline; un cielo con striature di sangue insieme all’odore pregnante di terra, consolatorio, un abbraccio di donna.

Ginia andò per la sua strada, intontita da tutte le emozioni e gli avvenimenti della sua prima notte d’estate, ma con la certezza che non avrebbe più tentato di nascondere il suo lato insicuro e ingenuo in nessuna occasione. Lo avrebbe fatto per Amelia, che di quell’ingenuità si era disperatamente innamorata.

Per Amelia, che ora stava camminando verso casa, a piedi scalzi e con i tacchi neri in mano, con la paura per l’avvenire e la speranza di non perdere il posto di lavoro. Teneva nella mano destra il proprio cellulare, scorrendo le foto sulle pagine social della discoteca. Foto e video delle sue esibizioni si susseguivano uno dopo l’altro, con moltissimi like e commenti. Più questi erano, più salivano in lei rabbia e rancore.

Anche Poli e Pieretto, ognuno per la propria strada, avevano lasciato il parcheggio del locale: Poli immerso nella nuvola di fumo della sua sigaretta, mentre ignorava la vibrazione della chiamata di sua madre, Pieretto calciando i sassi sul ciglio della strada, con le mani in tasca e le sopracciglia corrugate.

Il parcheggio, ormai vuoto e immerso in un silenzio surreale, vide quindi le figure dei quattro giovani allontanarsi. Tutti erano immersi nei propri pensieri: la vita regala emozioni e momenti bellissimi, ma allo stesso tempo pone davanti ad ognuno molti ostacoli e quella notte ciascuno di loro dovette sbatterci contro, affrontando i propri demoni da solo, anche se erano tutti insieme. Poiché, in fondo, la vera essenza della solitudine è sentire dentro di sé una tempesta e non saperla raccontare, avendo il coraggio di proseguire oltre la notte. 

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