Premio Pavese Scuole 2024 - Petra Alzetta

Notturno

Con questo testo sul valore della scrittura come elemento vitale, Petra Alzetta si è classificata seconda al Premio Pavese Scuole 2024.

Pubblichiamo il testo che si è aggiudicato il secondo posto alla quinta edizione del Premio Pavese Scuole, riconoscimento che affianca il Premio Pavese per avvicinare i giovani allo scrittore e promuovere la lettura delle sue opere in chiave personale. Il testo è ispirato alla poesia Notturno di Cesare Pavese (una delle poesie aggiunte alla seconda edizione di Lavorare stanca) ed è stato scritto da Petra Alzetta del Liceo Leopardi-Majorana di Montereale Valcellina (PN), classe 5 FU, cui vanno i nostri complimenti.

La collina è notturna, nel cielo chiaro.
Vi s’inquadra il tuo capo, che muove appena
e accompagna quel cielo. Sei come una nube
intravista fra i rami. Ti ride negli occhi
la stranezza di un cielo che non è il tuo.

La collina di terra e di foglie chiude
con la massa nera il tuo vivo guardare,
la tua bocca ha la piega di un dolce incavo
tra le coste lontane. Sembri giocare
alla grande collina e al chiarore del cielo:
per piacermi ripeti lo sfondo antico
e lo rendi piú puro.

Ma vivi altrove.
Il tuo tenero sangue si è fatto altrove.

Le parole che dici non hanno riscontro
con la scabra tristezza di questo cielo.
Tu non sei che una nube dolcissima, bianca
impigliata una notte fra i rami antichi.

* * *

La buona stella presente fra me e Cesare Pavese si ripresenta ogni volta che sfioro le parole di una sua opera. Forse è vero che l’uomo adulto può somigliare alla tenera ragazza di diciassette anni, chiusa, sola, nella sua cameretta, ninfa di una notte insonne, che pensa a tutta la sua solitudine e nostalgia, tutta la solitudine e nostalgia che una ragazza adolescente sia in grado di custodire in sé. La noia del mondo, la vanità delle cose, la notte, l’insensatezza, il silenzio, le risposte. Notturno mi descrive, la collina è la mia stanza, ed io timidamente chiudo il taccuino, mi sporgo alla finestra e rifletto sulle parole del componimento. “Ti ride negli occhi la stranezza di un cielo che non è il tuo” sembra sussurrarmi il silenzio all’orecchio, ed io, quieta, lo ascolto. Mi sposto, esco di casa, mi incammino e nella perlacea oscurità inseguo un sentiero che sembra scappare da me. Ed intanto penso a come sia bello e tanto profondo, che nello scritto rimanga qualcosa di mai deciso, mai definito, di “non detto”.

La luna, magnifico globo lunare, ha in ventre tutto il paese, che dorme sereno. Il cielo è triste.

È il primo a vivere altrove. Io sono triste e vivo altrove con lui, sono sulla collina, ma rimango nella mia stanza. Per fortuna scrivo, e così mi consolo. Tutto ciò a cui penso diventa lontano, e da lontano diventa antico, e da antico diventa estremamente poetico, fragile e delicato. In questa notte sono me. Sono la mia stanza. Sono la nube dolcissima di cui parla Cesare, sono le parole che dico e che non riusciranno, malgrado gli sforzi, a rendere il cielo meno malinconico. La poesia si fa natura e la collina notturna, o le mie quattro mura infantili, ne custodiscono l’essenza, ed io cerco di berne almeno un sorso.

Poesia, grazie per aiutarmi
tu sei per me
una madre vicina
e da te sono nata

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