Un'Americana a Torino

Un’Americana a Torino

Per la prima puntata della nuova rubrica La stanza delle meraviglie di C. Pavese, Claudio Pavese ripercorre la storia editoriale dell’antologia Americana curata da Elio Vittorini a partire da un’edizione introvabile.

L’avventura dell’antologia Americana curata da Elio Vittorini ed edita da Bompiani fu di certo una delle più travagliate storie dell’editoria del Novecento. Videro la luce in quella raccolta scritti di Hemingway, O’Neil, Dreiser, Scott Fitzgerald, Cain, Fante; con traduzioni sviluppate da grandi scrittori italiani: Vittorini stesso, Piovene, Moravia, Pavese e altri ancora.

La sua lavorazione iniziò nel 1940 (doveva inaugurare la prestigiosa collana di letteratura Phanteon), e si protrasse per lungo tempo. Il volume vide la luce solo nell’ottobre del 1942 con immediata ristampa nel gennaio 1943, tanto era ormai attesa dal mercato e più specificamente dalla critica. 

Il Ministero della Cultura intralciò la vicenda a più riprese; impose divieti, interruzioni e cambi di rotta durante la sua tribolata lavorazione. La letteratura d’oltreoceano (in special modo quella allora contemporanea) descriveva la realtà nuda e cruda senza edulcorare nulla. Contrastava fortemente, quindi, con la tendenza del regime fascista che era volta a mistificare le asperità della vita, le ristrettezze economiche, il disagio sociale. 

In un primo momento si pretese che l’antologia fosse preceduta da altre due: una spagnola e l’altra tedesca, ovviamente per una questione di affinità politiche. Poi il Minculpop pretese una “pacata e sobria” introduzione dell’Accademico d’Italia Emilio Cecchi con l’obbiettivo evidente di stemperare commenti troppo elogiativi nei confronti di quella cultura “selvaggia”. Poi, in ultima battuta, per boicottare definitivamente l’antologia, il Ministero decise di censurare i corsivi di Vittorini che precedevano ogni capitolo dell’opera. Quest’ultimo drastico intervento fu dettato dall’entrata in guerra degli Stati Uniti; entrata in guerra che alla fine del 1941 ancor più complicò l’iter di lavorazione della nostra antologia.

Complicò i lavori perché quest’ultima decisione fu comunicata a Valentino Bompiani, purtroppo, quando tutto il libro era ormai stampato. Quindi si dovettero mandare al macero i sedicesimi in cui comparivano gli scritti di Vittorini e sostituirli con altri “epurati”, con ovvio grande dispendio di tempo e di denaro. Ma Vittorini alcune copie dell’antologia originaria, a sedicesimi sciolti e senza rilegatura, le aveva già distribuite, appena stampate, ad amici e collaboratori. Che fine avevano fatto quelle poche copie? 

Disperavo di poter trovare un esemplare integrale di Americana; fin quando non andai a trovare Fernanda Pivano a Milano. Chiacchierai con lei di questa vicenda ed Enrico Rotelli, suo prezioso segretario e factotum, con mia grande sorpresa, mi pose tra le mani un esemplare dell’Americana originaria con tanto di corsivi di Elio Vittorini. Al fondo come data di stampa leggevo: 31 marzo 1942; mentre la data di stampa delle prime copie messe in commercio risulta essere: 27 ottobre 1942.

Questa era la copia che lo scrittore siciliano aveva donato a Cesare Pavese autore della traduzione di un testo di Gertrude Stein presente nell’antologia e amante quanto Vittorini della letteratura americana. Venni a sapere dalla Pivano che Pavese quell’esemplare l’aveva fatto rilegare e regalato a lei con tanto di dedica. E Pavese che colore aveva scelto per la rilegatura? Il viola! Un autentico presagio!

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