Il cavallo di Troia - Collana Zattere

Una minuscola sintonia

In questa nuova puntata della rubrica La stanza delle meraviglie di C. Pavese, Claudio Pavese racconta la nascita della collana di microlibri “La zattera” di Bompiani, con un finale a sorpresa.

«Amico lettore, non ti meravigliare se hai visto o vedrai alcuni nostri libri che tu amavi improvvisamente rimpiccioliti. Siamo in guerra e la carta scarseggia, un po’ prima o un po’ dopo a questo saremmo dovuti arrivare. Io ho voluto arrivarci per primo, e per varie ragioni: dare ai lettori un maggior numero di libri con la stessa carta e per eguale spesa; ad un maggior numero di scrittori il libro nuovo o la ristampa; ingombrare meno i traffici; consentire a chi si muove più lieve peso; a chi combatte più variate letture; e via dicendo. Tutto è subordinato alle necessità del Paese in guerra: anche i libri».

Queste le parole utilizzate da Valentino Bompiani sul suo bollettino del 1942, per presentare la collana editoriale di letteratura moderna “La Zattera”, in fase di lancio presso le librerie: una serie di microlibri (formato 13 x 18 centimetri) ideata con l’ausilio del grande Cesare Zavattini.

E il nome di collana andava ancor più a ribadire le necessità emergenziali dell’iniziativa: “La Zattera”, come estrema via di scampo alle apprensioni, alle insicurezze e alle difficoltà economiche di quegli anni bui. Insomma: lettura e, soprattutto, buona letteratura come indispensabile salvagente per non farsi travolgere dai cupi marosi della guerra in corso.
 

La collana

La collana dal 1942 al 1945 annoverò 24 pubblicazioni con opere e autori di tutto rilievo: Alberto Savinio, Guido Piovene, Cesare Zavattini, Anna Maria Ortese, Corrado Alvaro, Indro Montanelli e altri ancora. 

Alcuni titoli erano tratti, e riconvertiti nel formato e nella veste, dalla più prestigiosa Biblioteca Letteraria della stessa Bompiani, altre “Zattere” uscirono, invece, in prima edizione. Alcuni libretti riportavano in dimensioni ridotte le immagini di sopraccoperta dell’edizione “importante”, altri (già pubblicati o in prime edizioni), sposavano immagini originali.

Lettere di una novizia - Guido Piovene

Il primo caso è ben rappresentato da Lettere di una novizia di Guido Piovene dove tra un’edizione e l’altra c’è solo una minima variante cromatica. E così pure per Zavattini che raggruppò in un’unica “Zattera” tre titoli già pubblicati nella “Letteraria”: Parliamo tanto di me, I poveri sono matti e Io sono il diavolo, che sposò per il piccolo formato l’immagine utilizzata in precedenza per l’ultimo dei tre titoli. 

Zavattini
Il cavallo di Troia - Collana Le Zattere

Il secondo caso, quello delle immagini “diversificate”, è ben rappresentato dall’edizione mignon del Cavallo di Troia di Christopher Morley tradotto da Cesare Pavese nel 1940 e pubblicato l’anno successivo da Bompiani nella collana “Letteraria”. 

Nella prima edizione compare in sopraccoperta un muso di cavallo stilizzato al “tratto; nella variante “Zattera” si adotta, invece, un origami molto elementare ma di indubbio impatto visivo. 

A mio giudizio, nella sua estrema semplicità, è una delle sopraccoperte più riuscite delle “Zattere”.

La collana ebbe grande successo grazie al basso costo (12 lire contro le 20/22 di un libro tradizionale), ma non solo. Il peso e il formato ridotti (più vicini a un pacchetto di sigarette che a un libro) favorirono, grazie ad un accordo tra la casa editrice milanese e il Minculpop, una grande diffusione tra le Forze Armate. I libri, difatti, potevano essere custoditi negli zaini militari senza aggravio di spazio e di peso e la lettura poteva portare conforto nelle lunghe ore di riposo o di sosta forzata.

Va detto che in queste intese ad “alto livello” Bompiani era maestro; non per nulla Mein Kampf di Adolf Hitler fu tradotto, stampato e distribuito in esclusiva sotto le sue insegne. 

Una poetica sintonia

Un raro esempio di “sollievo bellico” è proprio la copia del Cavallo di Troia di Morley tradotta da Cesare Pavese in mio possesso. Al suo interno è custodito un foglietto piegato in due sul quale un giovane militare (così mi piace pensare) scrisse:

«Le nuvole laggiù rosate nel tramonto che cavalcano nel cielo azzurro sfumato dal colore bianco sono le nuvole che vedevo nel mio cielo di Torino lontano verso la collina. Quello che sento guardandole è dolcemente triste perché sono lontano. Mi ritornano alla mente i momenti tranquilli trascorsi nella mia casa, sul calar della sera, quando riposandomi della giornata oziavo al balcone in attesa della voce della mamma: “È pronto. A tavola!”».

Un libro tradotto da Pavese e un giovane anonimo che si immagina la collina di Torino da chissà quale dispersa località e in chissà quali condizioni di disagio e di pericolo…

Quale meravigliosa sintonia poetica in un malmesso libricino da poco prezzo. Queste emozioni i libri nuovi di zecca, belli lustri e fiammanti, non le possono, di certo, dare!

Tram bombardato
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