Premio Pavese Scuole -Giulia Bergero

Tra noi non occorrono parole

Con questo testo sul rapporto tra Natura e Destino nella poetica pavesiana, Giada Chiarle è una dei cinque vincitori del Premio Pavese Scuole 2023.

Pubblichiamo Tra noi non occorrono parole, uno dei cinque testi vincitori della quarta edizione del Premio Pavese Scuole, riconoscimento che affianca il Premio Pavese per avvicinare i giovani allo scrittore e promuovere la lettura delle sue opere in chiave personale. L’autrice è Giulia Bergero, dell’IIS “F. Patetta” di Cairo Montenotte (SV), cui vanno i nostri complimenti: guarda l’intervista

Le parole sono da sempre utilizzate come strumento di comunicazione, perché definiscono in maniera precisa un concetto e rendono semplice il dialogo. Ma in alcune situazioni non sono necessarie per trasmettere o percepire ciò che si prova. 

Analizzando la frase “Tra noi non occorrono parole” e leggendo i testi “Il campo di granturco” e “Gli dèi”, Cesare Pavese ha introdotto un concetto interessante: la natura custodisce il destino dell’uomo, ed è indissolubilmente legata ad esso. 

Essa assimila e conserva tutto ciò che accade attorno a lei, creando un quadro immacolato dove i dettagli sono impressi e protetti dall’inevitabile e distruttivo scorrere del tempo. 

Il fruscio delle foglie, la leggera brezza del vento che scuote i fili d’erba e le risate di un gruppo di bambini passati di lì in bicicletta: tutto questo è come congelato, statico ed intrappolato in un dipinto e pronto a tornare in vita nel momento in cui qualcuno si sofferma ad osservarlo: ecco che accade l’incredibile. 

Quel frammento di esistenza, quell’immagine immobile che racchiude in sé così tanta spensieratezza di una giornata in campagna finalmente si rianimano, i rumori iniziano a farsi sentire esattamente come nel momento in cui sono stati catturati, ed è come rivivere quei fugaci attimi ormai lontani, con la nostalgia che stringe il cuore. E riparte il film di memorie, con quel sottofondo di flebili suoni che diventa una colonna sonora dell’infanzia ormai lontana, ma mai dimenticata. Ciò si verifica sia se atteso, sia se inatteso: le figure naturali che racchiudono queste sensazioni nascono senza poter essere controllate da alcuna forza esterna, e appaiono ancor più fortuitamente. O forse, come scrive Pavese nel brano “Il campo di granturco”, ci raggiungono proprio nel momento in cui più ne abbiamo bisogno? Questa capacità la considero un altro segno del legame tra natura e destino: un ragazzo che passa il suo tempo con un campo di granturco, e quello stesso campo molti anni dopo rifiorirà di ricordi che lui stesso aveva dimenticato. Basta una sola occhiata, e la memoria si riaccende, dentro ed intorno a lui. 

Il silenzioso dialogo tra uomo e natura è fondamentale perché egli possa riconciliarsi con la sua infanzia e accettare il suo destino, assorbendo il paesaggio esterno e integrandolo con la sua interiorità di modo che esso possa accompagnarla e  diventare un rifugio e un punto di riferimento non appena si manifesterà la fragilità che affianca immancabilmente l’esistenza umana. 

È attraverso la sintonia con la natura che si può davvero ritrovare se stessi e arricchire la propria esperienza. 

La natura diventa eterna ed il tempo con lei: come può una situazione così precaria come la vita d’un uomo, raggiungere l’immortalità? 

Questa contrapposizione racchiude l’intreccio tra natura e destino. Quest’ultimo viene rappresentato, quasi descritto dalla natura che nella sua eternità riesce a custodire esperienze passate e a fermarle nel tempo. 

E proprio attraverso di essa riusciamo a rievocare i ricordi, che sono tutto ciò che resta del passato. 

La vita dell’uomo si conclude inevitabilmente con la morte, ma la memoria, preservata dalla natura, un ciclo anch’esso di morte ma soprattutto di rinascita, rimarrà immortalata per sempre, come già detto in precedenza, in un prezioso dipinto costantemente in attesa di essere riscoperto, anche quando si è più lontani. 

Il protagonista si sofferma a contemplare il campo, provando molteplici sensazioni ma senza proferire parola: non è necessario, i lontani discorsi sono già perennemente impressi nell’ambiente, come il grido del bambino ormai cresciuto. Parlare in questa situazione non farebbe altro che spezzare la magia del momento, interrompendo il flusso di ricordi che è tutto ciò che ancora vive della sua infanzia, rianimato semplicemente da questa connessione tra uomo e natura. Essa è portavoce del suo destino, e lui lo accetta in chiave nostalgica ma rimarrà pur sempre affezionato a quel luogo che per lui custodisce parte della sua infanzia. 

Nei luoghi dove si trascorrono i primi anni della propria vita saranno per sempre custodite le nostre radici e i nostri ricordi più belli e significativi: la campagna (in particolare quella langarola) è vista come il luogo di spensieratezza e felicità dove i giovani possono trascorrere la loro vita in maniera genuina, provando un forte senso di appartenenza verso quegli ambienti che per loro hanno tanto rilievo. Al contrario, quando essi cresceranno e accetteranno il proprio destino, dovranno abbandonarsi alla città, spesso falsa ed ostile, che li catapulterà nel mondo degli adulti, fatto soprattutto di ingiustizie e responsabilità. 

Ma ogni qualvolta che la negatività e la tediosità della vita adulta prenderanno il sopravvento, ecco che quasi inconsciamente si indugia verso la fonte di sicurezza, di rifugio e di conforto più solida che conosciamo: la natura. 

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