In questa ottava puntata della rubrica La stanza delle meraviglie di C. Pavese, Claudio Pavese presenta l’opera omnia di Cesare Pavese “vestita” da Bruno Munari e pubblicata nel 1968.
Dopo la raccolta in cofanetto artigianale di cui abbiamo già parlato in questa rubrica, si dovrà attendere fino al 1968 per giungere finalmente a una pubblicazione organica e unitaria di tutti gli scritti di Cesare Pavese.
Venne per l’occasione ideato un allestimento apposito per tutti i sedici volumi della raccolta; volumi di formato 120 x 200 mm. con abbondanti risvolti muti. Un vestito “minimale”, volutamente misero, al limite dell’ascetico; un vestito al di fuori dai canoni grafici fin allora adottati dall’Einaudi.
Quella era l’epoca in cui Bruno Munari dettava legge con il suo bianco canonico che dai “Libri bianchi” alla “NUE”, dalla “Collezione di poesia” a “Nuovo Politecnico” a “Letture per la scuola media” aveva connotato la Casa editrice fino ad allora.
Qui però si nota una sterzata; una svolta improvvisa. E la si percepisce immediatamente dalla scelta di copertina.
La copertina
Un cartoncino vergato leggero, grigio polvere, solcato verso l’alto da due righe a stampa: nome dell’autore e titolo dell’opera; in basso l’ovale del marchio e nel mezzo, tra testo e ovale, l’esteso campo grigio.
Munari sta mutando passo? Indubbiamente si fa più riflessivo, meno solare; e in effetti dal candore di “Nuovo Politecnico”, collana contraddistinta dal quadrato di ceralacca, sta evolvendo verso la mistica “Einaudi Letteratura” del 1969, una delle collane più iconiche di tutta la storia dell’editoria italiana del Novecento.
Questo è vero. Ma, secondo me, c’è di più. Si percepisce un’influenza esterna.
È come se le nuove tendenze artistiche, “Arte povera” in primis e “Concettuale” in senso più largo, facessero capolino in Casa editrice.
E in effetti rileggendo I migliori anni della nostra vita di Ernesto Ferrero si scopre che le pareti e i corridoi dell’Einaudi, alla fine degli anni Sessanta, ospitavano opere di Twombly, Burri, Uncini, Novelli, Manzoni, Mondino, Pistoletto, Penone e un enorme Giulio Paolini.
Quel Giulio Paolini, particolarmente apprezzato da Einaudi, che illustrerà il primo volume di “Einaudi Letteratura”, Teste-Morte, con un collage di Samuel Beckett (consacrazione non da poco), che vedrà un volume della prestigiosa collana dedicato alla sua opera (Idem, con famosa introduzione di Italo Calvino) e che dal 1976 al 1978 vestirà (nientemeno!) una collana della Casa.
La serie dell’opera omnia pavesiana così concepita ebbe un grande successo.
E quel suo grigio di copertina più appariva sdrucito e consunto a forza di consultazioni, più le pagine si riempivano di sottolineature e di appunti, più il libro sfoderava un suo impareggiabile appeal.
Non ci fu alla fine degli anni Sessanta divisa di professore, docente o studente “impegnato” che non prevedesse infilato da qualche parte uno di quei magici volumetti. In genere fuoriuscivano dalla tasca dei giacconi allora di moda, dai tascapani, dalle cartelle sformate… Io facevo parte della schiera e posso testimoniarlo.
Fu il successo di un format grafico sicuramente, ma soprattutto fu la scoperta o la riscoperta di uno scrittore non conformista, “bastian contrari” per eccellenza, uomo al di fuori da ogni dottrina e da ogni dogma ma, soprattutto, “ragazzo fino in fondo” con le inquietudini, le insicurezze, i sogni irrealizzati che ciò implica.
L’astuccio
Torniamo, però, all’opera completa.
I sedici volumi vennero pubblicizzati in libreria con un manifesto anch’esso esteticamente “povero”. Campeggiava il viso di Pavese molto “sgranato” e poche righe relative al numero dei volumi e al prezzo complessivo.
Ma come venivano consegnati i volumi in libreria? Sciolti?
Qui Munari si prese la sua rivincita. Ideò un astuccio di cartone poverissimo che racchiudeva tutti i volumi e che scandiva sui suoi quattro lati la scritta “PAVESE” in un carattere bastone enorme. Nero su bianco.
Una soluzione semplicissima, di grande effetto. Un gioiello di “italico design” che potrebbe ancora oggi far degnissima testimonianza al MoMA di New York o in qualsivoglia altro pluricelebrato museo del mondo.
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Un cofanetto artigianale
In questa quinta puntata della rubrica La stanza delle meraviglie di C. Pavese, Claudio Pavese presenta un’invenzione einaudiana da collezione.