In questa nuova puntata della rubrica La stanza delle meraviglie di C. Pavese, Claudio Pavese prosegue il racconto delle vicissitudini della casa editrice Einaudi durante la Seconda Guerra Mondiale.
Poco dopo la Liberazione, in una lettera del 30 maggio 1945 indirizzata a Ernesto De Martino, Cesare Pavese fa riferimento alle vicissitudini che l’Einaudi ha trascorso negli ultimi tempi e dice:
“Caro professore, saprà che la Casa editrice è stata nel dicembre 1943 invasa dai nazisti e noi scappati. Poi hanno messo un commissario e stampato porcherie. Pace. Adesso è finita…”.
Cerchiamo di capire meglio.
Verso la fine del 1943 la sede Einaudi venne occupata e depredata da nazisti e repubblichini che requisirono tutto ciò che poteva tornar loro utile: macchine per scrivere in primis, mobili, tavoli, schedari. La Prefettura di Torino, su sollecitazione del Ministero della Cultura Popolare – Gabinetto Salò, nominò Paolo Zappa commissario per la gestione della Casa.
Da corso Ferraris a Corso Re Umberto
Ma quale fu la sede in cui le maestranze continuarono a operare dopo la diaspora di tutti i dirigenti? Quale fu la sede invasa dai nazisti che Pavese cita?
Come raccontavo nella puntata precedente, quella di via Gioda era completamente distrutta, così come quella di corso Galileo Ferraris. La sede provvisoria presso la residenza di Luigi Einaudi, sfollato prima a Dogliani, poi rifugiato col figlio in Svizzera, era a quel punto chiusa. Quindi?
Ecco che un timbro in rosso sulla carta da lettere di una comunicazione del commissario Zappa del 3 aprile 1944 ci può aiutare a scoprire dove i tedeschi fecero irruzione. Il timbro comunicava ai destinatari un nuovo indirizzo della casa editrice: Corso Re Umberto 21 bis.
Oreste Molina mi spiegò che quella era la residenza di Felice Balbo collaboratore imprescindibile dell’Einaudi di quel periodo. Cosa potrebbe essere successo?
Formulo una mia ipotesi. Allontanatisi tutti i dirigenti, chiusa la casa di Luigi Einaudi, gli unici locali dove gli impiegati rimasti potevano operare con una certa tranquillità erano quelli a piano terra della casa di Balbo, sotto le armi, però presente a Torino in quel periodo perché ricoverato all’Ospedale delle Molinette per una grave infezione contratta in Albania.
Quindi deduco che la sede in cui fecero irruzione le SS, la sede che Zappa recuperò, riorganizzò, e che adottò, in via definitiva, quale sede dell’Einaudi commissariata fu proprio quella presso casa Balbo.
Il commissario scrittore
Ma chi era Paolo Zappa, il commissario designato?
Paolo Zappa, originario di Castagnole Monferrato, era il direttore amministrativo del quotidiano torinese “La Stampa”, ma fondamentalmente era uno scrittore professionista quanto mai prolifico. I suoi libri, in quegli anni, avevano grande diffusione. Erano principalmente “reportage” e nascevano da esperienze di viaggio vissute dall’autore in prima persona, come corrispondente estero dall’Africa, dal lontano Oriente e da ogni altro remoto angolo del mondo.
È utile riportare un breve testo del “Giornale della libreria” di quel tempo che presentava il suo ultimo bestseller I mercanti di cannoni:
“Un libro di Zappa è sempre un gradito dono per il pubblico al quale il coraggioso e geniale reporter sa dare, come pochissimi, il senso dell’eccezionale e del sensazionale. Questo compatto volume è destinato al successo immediato e vistoso perché smaschera compiutamente ed energicamente, con una precisione di elementi e documenti assolutamente inconfutabile, retroscena incredibili, speculazioni colossali, manovre affaristiche a volte mostruose, quando non addirittura fatali. L’ansia di conoscere, lo stupore delle rivelazioni, la sorpresa e lo sdegno tengono sotto pressione dalla prima riga all’ultima”.
Il genere, non lo nascondiamo, era scandalistico, quasi sempre truce, e volutamente sconcertante.
Citiamo, tra altri suoi successi dell’epoca: Fra i lebbrosi, Alla Guiana, L’orchidea rossa, Il sergente Klems; tutti pubblicati dalla casa editrice Corbaccio di Enrico Dall’Oglio.
Le Leggende d’oro
Torniamo però alla lettera di Pavese.
Nei mesi che vanno dal febbraio 1944 all’aprile del 1945 quali mai furono le “porcherie” che sotto la “gestione Zappa” furono pubblicate con il marchio Einaudi?
Direi molte, ma penso che Pavese si riferisse principalmente a quelle pubblicazioni che costituirono una collana del tutto particolare che l’intraprendente commissario volle intitolare “Leggende d’oro”: una serie di libri di grande formato (25,5 x 32,5), per i quali venne utilizzata (povero Einaudi!) carta vergata di primissima qualità. La collana era caratterizzata da un pretenzioso apparato iconografico opera di Pier Antonio Gariazzo, pittore e illustratore decisamente mediocre, amico e sodale dello stesso Zappa, che già sotto il marchio del Corbaccio aveva contribuito a illustrare parecchi suoi libri.
La collana in questione comprendeva tre volumi: Le ardenti donne della leggenda aurea di Jacopo da Varagine, Il miracolo del grande S. Nicola di Anatole France e La passione di Cristo di Cirillo da Verschaeve. Tutti corredati, come detto, da tavole in bianco e nero di Gariazzo e stampati, come specificato in colophon, in copie rigorosamente numerate, su “carte Ingres” di diversi colori (rosa, grigia, bluette) delle cartiere Miliani Fabriano. A queste si aggiungevano pochissime copie, contrassegnate in numeri romani, stampate sulle stesse carte, ma con illustrazioni addirittura a colori.
Una delizia decisamente sconfortante!
Particolare non trascurabile: le carte di pregio che il Commissario dilapidò furono le carte a suo tempo acquisite e stoccate in casa editrice per la “Biblioteca d’Arte”, prestigiosissima collana (quella sì!), curata da Carlo Ludovico Ragghianti.
Giulio Einaudi al suo ritorno ebbe parole di fuoco per lo “sperpero indegno” di scorte, in quel tempo, così rare e preziose. Ma le brutture di quell’epoca non finirono qui.
Novità e ristampe
Il Commissario pensò bene di arricchire il catalogo Einaudi con opere frutto del suo ingegno. Rieditò alcuni titoli già pubblicati sotto le insegne del Corbaccio e integrò tale “scrigno letterario” con una nuova opera creata nel frattempo: Bùrja. Un romanzo imponente di 739 pagine stampato in prima edizione dalla Stamperia Artistica Nazionale di Torino il 20 novembre 1944 e prodotta in formato pressoché simile a quello della prestigiosa collana “Narratori stranieri tradotti”. Ovviamente la sopraccoperta fu “dipinta” dal fedele e prodigo Gariazzo.
E Zappa, che amministrava l’Einaudi come “buon padre di famiglia” per dare conforto con buone letture a una popolazione disperata e in condizioni pietose, non mancò di annunciare sul pieghevole promozionale “Novità – Ristampe – Opere disponibili” del novembre 1944 (a tutta pagina) l’imminente, illustre sua pubblicazione.
Vi domanderete come Giulio Einaudi considerò queste “invenzioni editoriali” quando riprese le redini della Casa nella primavera del 1945? E poi ancora, vi chiederete se vennero mai citate nel suo catalogo storico?
Approfondiremo l’argomento in una prossima puntata.
Un’Americana a Torino
Per la prima puntata della nuova rubrica La stanza delle meraviglie di C. Pavese, Claudio Pavese ripercorre l’avventura editoriale dell’antologia Americana curata da Elio Vittorini.