Dialoghi con Leucò - Daniela Vitagliano

Dialoghi con Pavese: Daniela Vitagliano

Per il terzo appuntamento della rubrica Dialoghi con Pavese, abbiamo chiesto alla studiosa Daniela Vitagliano di raccontarci il suo lavoro di ricerca sui Dialoghi con Leucò.

Daniela Vitagliano - Dialoghi con LeucòI Dialoghi con Pavese di questo mese ci riportano in Europa, e più precisamente in Francia. La nostra ospite è Daniela Vitagliano, una giovane ricercatrice originaria di Napoli, che ora è un’assegnista di ricerca all’École Normale Supérieure di Parigi presso l’Istituto di testi e manoscritti moderni (ENS/CNRS). Dopo due specializzazioni, in lingua e cultura italiana e in letteratura comparata, Daniela ha ottenuto il suo Dottorato di ricerca all’Università di Aix-Marsiglia in co-tutela con l’Università degli Studi di Torino. La sua ricerca di dottorato si è focalizzata sull’analisi dello stile e sull’esegesi dei Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese e ha poi trovato uno sbocco pratico nell’elaborazione di un ipertesto digitale dell’opera, uno strumento critico transdisciplinare che contiene tre tipi di approfondimenti: sui personaggi, sulle parole-chiave e sui temi dell’universo dei Dialoghi. Da assegnista, sta ora lavorando alla prima edizione critica dei Dialoghi con Leucò accompagnata dall’edizione genetica digitale.

Quali aspetti dell’opera di Cesare Pavese ti hanno attratta fin da subito e quali quelli che hai scoperto studiandolo

Distinguerei due aspetti del mio interesse per Cesare Pavese: da un lato un vero e proprio amore, nato durante i primi anni liceali, lontano dai banchi di scuola, quando leggevo estratti del Mestiere di vivere prima di addormentarmi e, pensando alle mie disfatte amorose, ridevo con Pavese grazie alle sardoniche riflessioni che occupano i primi anni del suo diario. Dall’altro, quando l’esperienza e le competenze me lo hanno permesso, è nata una stima intellettuale, non tanto per i romanzi quanto più, ancora una volta, per il Mestiere e per il Pavese saggista. I Dialoghi con Leucò mi parevano, di primo acchito, difficilissimi da sottoporre a uno sguardo critico, un muro di parole impenetrabile. Li ho scelti per la specializzazione e poi per il dottorato poiché mi affascinavano tanto quanto mi spaventavano. Dopo tanto tempo e molti lavori mi si sono schiusi e ora ne vedo tutte le venature, gli echi che risuonano nei romanzi, le incrinature.

Per la tesi di dottorato, su quali aspetti dei Dialoghi con Leucò ti sei concentrata?

La tesi doveva essere inizialmente uno studio dell’operazione di riscrittura del mito nei Dialoghi con Leucò. Da quest’idea sono scaturiti due percorsi: una riflessione teorica, su “storia” e “discorso” dell’opera, e un approccio pratico sull’elaborazione dell’ipertesto digitale, ovvero un sito che presentasse il testo dei Dialoghi e degli approfondimenti. In quattrocento pagine puramente analitiche, ho tentato di decifrare personaggi e luoghi mitici e la struttura del libro, dato che l’ordine in cui sono stati disposti i dialoghi non corrisponde al loro ordine cronologico di composizione. Ho esaminato la forma dialogica e poi ho eseguito, non senza qualche affanno, la prima analisi stilistica di questo testo sottoponendolo alla “critica del ritmo” elaborata dal critico francese Henri Meschonnic. Dal particolare al generale, ho poi collegato quest’opera – vera sintesi, a mio parere, dell’universo pavesiano – alle altre produzioni dell’autore. M’interessava studiare e valorizzare la parte dialogica del testo, il modo in cui si
evoca l’alterità, che è poi il punto di partenza del lavoro che pubblicherò a partire dalla tesi.

Come hai sfruttato le Digital Humanities per il tuo lavoro?

Mi sono chiesta come potessi rendere comprensibile a un numero elevato di persone un’opera così enigmatica e stratificata. Da qui è nata l’idea dell’ipertesto digitale, in cui ho trasferito molte conclusioni dall’analisi teorica: i personaggi sono presentati in duplice veste, quella mitica tradizionale e quella nuova offerta da Pavese; le parole-chiave permettono al lettore di fare collegamenti tra le parti dell’opera; e con i temi può riconnettere i Dialoghi all’universo pavesiano. Da allieva della vecchia
guardia, ho lavorato manualmente alla costruzione di questa wiki, affidandomi a un tecnico solo per la costruzione del sito. Ho potuto così scoprire le inesauribili potenzialità delle Digital Humanities per la critica letteraria.

Dialoghi con Leucò sono forse il testo più complesso di Pavese ma rappresentarono per lui un confronto diretto e drammatico con la propria interiorità, donandoci uno specchio in cui ogni lettore può trovarsi. La modernità dei Dialoghi sta nel loro essere parte di noi?

Sì, la scelta del materiale mitico è per Pavese un modo di riconnettere la propria esperienza a quella dell’Uomo, rifunzionalizzando il passato per dargli nuovo respiro. Ma io credo anche che questi dialoghi tocchino un nervo scoperto di ciascuno di noi, quello che era altresì il problema esistenziale di Pavese: il rapporto con l’Altro.

“Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi” scrisse Pavese sulla prima pagina del volume, oggi custodito alla Fondazione Cesare Pavese di Santo Stefano Belbo, prima di suicidarsi. In quale personaggio dei Dialoghi si può scorgere il destino di Pavese, secondo te?

Mi verrebbe da dire: in tutti. Dall’audace Issione al vecchio Giasone, dallo sconfitto Bellerofonte all’insofferente Esiodo, ognuno di loro si trova sulla soglia, i loro racconti girano tutti attorno alla morte. Tuttavia, come molti sanno, in una lettera del 1950 a Davide Lajolo (di cui però non si è mai ritrovato l’originale), egli aveva ammesso di sentirsi come Endimione, il personaggio de La belva. Non stupisce affatto: Endimione altro non era che un eterno sognatore, poeta sonnambulo che cerca il sonno per unirsi eternamente all’amata.

Perché è importante leggere oggi Pavese, anche attraverso i Dialoghi con Leucò?

Leggere Pavese è importante, oggi come ieri. Fu uno dei primi scrittori a dare voce a personaggi femminili in prima persona, con una scrittura in cui ogni parola è esattamente dove dovrebbe essere, e un tormento esistenziale tanto particolare quanto universale. Rileggere Pavese forse è ancora più importante perché la vena ironica che lo attraversava facendo vibrare la sua scrittura è stata intravista solo da pochi. I Dialoghi con Leucò poi sono stati osannati o ignorati ma poco indagati, ed è un peccato: oltre l’enigmaticità del testo c’è tutta la vita, dall’amore alla morte, dalla sofferenza alla vittoria della memoria. I Dialoghi con Leucò ci dicono che l’unico modo di sopravvivere è raccontare storie, rinarrarle per creare un ponte tra sé e l’altro. E nel contesto attuale, più che mai, ce n’è bisogno.

Tra gli studiosi francesi, Dominique Fernandez con L’échec de Pavese negli anni ’60 aveva analizzato la produzione pavesiana dal punto di vista psicoanalitico. Quanto è letto e studiato oggi, Pavese, in Francia? Quali prospettive future di studi potrebbero focalizzarsi su Pavese, secondo te?

Sfortunatamente, pochi studi in Francia si concentrano esclusivamente su Pavese: c’è qualche studio notevole ma in generale credo che sia più letto che studiato. Certamente, l’opera di Fernandez ha creato degli stereotipi da cui è stato difficile affrancarsi, per cui dopo il “decreto” di morte dell’autore (stabilito da Roland Barthes in un saggio del 1968 intitolato proprio così) Pavese potrebbe essere stato visto come desueto. Tuttavia, non credo ci sia una ragione precisa per la mancanza di interesse scientifico attuale nei confronti di questo scrittore: anche la letteratura è sottomessa alle leggi dell’aleatorio, delle mode, dell’industria editoriale. Magari con l’anniversario del settantesimo anno dalla morte qualcosa cambierà.

Per quanto riguarda gli studi futuri in generale, direi che c’è ancora tanto da esplorare sulla ricezione di quest’autore in Francia e negli Stati Uniti, ma anche sulla ricezione delle opere straniere possedute dall’autore nella sua biblioteca, rimasta ancora quasi intonsa. Inoltre, credo che le
 Digital Humanities offrano nuovi spunti di riflessione in materia letteraria e forse questo coinvolgerà anche Pavese. Io spero che la pubblicazione dell’edizione digitale dei Dialoghi con Leucò, con gli approfondimenti a scopo informativo e pedagogico, possa incentivare qualcun altro a cimentarsi in un’operazione di questo tipo per le altre opere di Pavese. Mi sembra, infatti, che questi nuovi studi permettano di ritornare allo spirito originario della critica, quello della condivisione delle conoscenze e delle scoperte scientifiche e della circolazione delle idee.

Intervista a cura di Iuri Moscardi

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